Scariants e varianti

Ritorno nel secondo post successivo a parlare delle famigerate varianti del coronavirus, per approfondire una questione che ho brevemente discusso su Twitter la settimana scorsa con Licia Corbolante, la curatrice del blog Terminologia etc. Il tutto è partito dal fatto che ho segnalato il termine inglese scariant, usato per indicare l’allarmismo mediatico che circonda la diffusione delle varianti e la paura che infondono, e successivamente un tweet di Roberto Burioni che attribuisce l’introduzione della parola al medico divulgatore (nonché coautore di Burioni in alcune pubblicazioni) Eric Topol e ne propone la traduzione italiana varianterrore. Le competenze di Burioni in virologia superano, per fortuna, quelle di lessicologo o di onomaturgo. Già sull’origine della parola è possibile essere più precisi. Non sono riuscito a ricostruire interamente la sua genesi, ma le prime attestazioni della parola su Twitter risalgono al 14 gennaio, esattamente un mese dopo l’identificazione della scariant inglese, mentre Topol l’ha usata su Twitter a partire dal 17 febbraio. Ci sono dunque buone probabilità che Topol sia soprattutto, grazie alla sua fama, l’artefice della diffusione del termine, se non proprio il suo inventore. In inglese, scariant è una parola particolarmente felice; si tratta di un blend (costruzioni che sono generalmente designate in italiano come ‘parole-macedonia’) che mette insieme le parole scare (o scary) e variant. In realtà l’etichetta ‘parola-macedonia’ copre diversi tipi di parole, ma una delle caratteristiche più comuni è il fatto di essere formate da due parole che hanno un certo numero di segmenti (lettere o fonemi) in comune che servono da punto di raccordo, come appunto –ar- in scariant. Da questo punto di vista, scariant è particolarmente efficace perché entrambe le parole che la compongono sono conservate quasi interamente (soltanto variant perde il primo fonema), e quindi immediatamente riconoscibili. Le parole-macedonia con sovrapposizione come scariant sono piuttosto frequenti in inglese, ma il procedimento è marginalmente disponibile anche in italiano. Alcuni esempi comuni sono parole come cartolibreria, mandarancio, musicassetta e più recentemente, per restare in tema di pandemia, covidiota.

Veniamo ora all’adattamento proposto da Burioni (che in un altro tweet usa la forma ancora meno trasparente scariante). In varianterrore il principio della sovrapposizione è effettivamente mantenuto, e tuttavia la parola in questione sembra assai meno convincente dell’originale inglese. Il primo motivo è che, come mi ha fatto correttamente notare Licia Corbolante, il significato di scariant e varianterrore non è lo stesso. In inglese, scariant indica un tipo di variante (tecnicamente è un iponimo di variant), mentre in italiano è un tipo di terrore. Lo si può constatare facilmente nell’uso che ne viene fatto in questi tweet:

La ragione di questa diversa interpretazione è che nelle parole-macedonia è la parola più a destra a determinare il significato dell’insieme (che generalmente è, appunto, un suo iponimo), oltre ad altre proprietà, ad esempio il fatto che varianterrore è un sostantivo maschile come terrore. Quello che è successo, insomma, è che privilegiando il principio della sovrapposizione di segmenti, Burioni ha di fatto creato un’altra parola. Personalmente, avevo proposto come traduzione pauriante e mi sembra significativo il fatto che la stessa forma mi è stata proposta, indipendentemente, da un’altra linguista, Silvia Micheli, ed è suggerita anche dal tweeter Ollare the langs. Pauriante presenta almeno il vantaggio di indicare, per un parlante dell’italiano, un tipo di variante; tuttavia, si tratta ancora di una costruzione non del tutto felice. Anche in questo caso è Licia che mi ha fatto notare che nella stragrande maggioranza delle parole-macedonia in italiano l’elemento più a destra è preservato interamente, ed è soltanto l’elemento a sinistra ad essere, eventualmente, troncato. Ma c’è, mi sembra, un fattore ulteriore che entra in gioco, ossia il fatto che, a differenza dell’inglese, le parole-macedonia in italiano si distinguono dai composti ‘canonici’ proprio per il meccanismo di attribuzione del significato. In questi ultimi, infatti, il significato dell’insieme è determinato dall’elemento a sinistra e non da quello a destra (un pescecane è un pesce e una pausa caffè è una pausa). Le parole-macedonia dal canto loro si avvicinano più ai composti greco-latini (o pseudo tali), come aerostazione o ecotassa dove è l’elemento di destra a determinare il significato del tutto. La maggior parte di esse, tra l’altro, tende ad avvicinarsi ai composti neoclassici anche fonologicamente, riproducendone la struttura che comporta generalmente un primo elemento bisillabico. Cartolibreria, musicassetta e alcuni degli esempi proposti da Licia, come ristomercato ma anche cantautore, seguono esattamente questo schema.

Ovviamente, le proprietà strutturali che ho illustrato qui sopra non consentono da sole di prevedere se varianterrore o un’alternativa si diffonderanno in italiano. In fondo, in tutte le lingue esistono numerosissime parole mal costruite, poco efficaci o non trasparenti che sono assolutamente correnti. Il ‘successo’ di una parola dipende anche, e soprattutto, dalla sua utilità, per designare un concetto nuovo (e da questo punto di vista ‘variante che incute terrore’ lo sarebbe) o per ragioni stilistiche, di prestigio, identificazione, etc.  

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